di Marcello Sordo, Gaza
I tempi sono maturi. La neonata associazione Urgenza Sanitaria Gaza è già in procinto di diventare adulta e di elaborare un valido progetto di formazione medico-sanitaria, per togliere dall'isolamento umano e di conoscenza un popolo ricco di vitalità e di voglia di crescita.
Siamo nati in gennaio, durante la furiosa aggressione sulla popolazione civile del più armato e tecnologico esercito, dopo gli Stati Uniti, che è costata la vita di oltre 1300 abitanti, dei quali oltre 400 bambini, e circa 6000 feriti, in larga misura gravi, mossi da una volontà civile e di base esausta di sentirsi complice di un susseguirsi di guerre che dal 1990 non hanno soluzione di continuità.
Dalla prima Guerra del Golfo, e successivo embargo che sono costati la vita di mezzo milione di bambini, nella terra che era la più progredita e laica di tutto il mondo arabo, lo smembramento sciagurato dell'unità nazionale jugoslava, che ha inventato un inutile quanto tragico conflitto etnico, fino alla costante espansione dell'Occidente in Medio Oriente che, dal 1948, non ha fatto che foraggiare regimi totalitari e smembrare un percorso civile laico e socialista panarabo, umiliandone l'identità e fomentando l'espansione di un utile fondamentalismo islamico, pari al crescente fondamentalismo nostrano, dai battisti americani all'ultimo dei papi, che mina la nostra tradizione laica e democratica, siamo afflitti dalla continua retorica di guerre umanitarie, peace-keeping portatrici di democrazia, lotta al terrorismo verso governi legittimamente eletti.
Secondo un ideale di Democrazia Partecipativa non possiamo più demandare ai nostri Governi un Universale bisogno di Pace. Non possiamo più far finta di credere che ci siano volontà istituzionali volte alla fine dei conflitti. Non possiamo più pensare che chi arma futuristi aeroplani per annientare popoli inerti o che solo conservano un orgoglio di resistenza, possano promuovere una cooperazione internazionale. Dobbiamo vigilare affinché i fondi e le risorse raccolte per sostenere le popolazioni vittime delle aggressioni non vengano deviate, attraverso ambigue fondazioni, verso gli aggressori.
Ci scusiamo per il corpo apparentemente politico del presente appello.
Reputiamo necessario condividere un sentimento umano che non strida con le intelligenze di tutti coloro che assistono ammutoliti a decenni di deriva democratica, degrado civile, violenza su ogni fronte divenuta ormai oscena e inaccettabile.
Confidiamo in una umanità che ormai ha acquisito i Diritti Fondamentali di pace, uguaglianza e felicità e che non è più disposta a vedere svuotate le proprie aspirazioni di democrazia.
Le centinaia di persone che si stanno presentando a Gaza da tutto il mondo, in solidarietà con il popolo palestinese, sono la dimostrazione che qualcosa di nuovo si sta muovendo e che alla globalizzazione pauperistica dei mercati si sta contrapponendo una nuova coscienza internazionalista della base, dalle genti del nostro pianeta.
E' già in atto una alternativa ai vari enti, fondazioni o istituzioni umanitarie, governative o non governative che siano, che ricostruiscono ciò che i loro partner distruggono, che spesso si confondono con le truppe occupanti, che disperdono risorse in strutture verticali e vertiginose, che prestano il fianco a giochi di intelligence , che protraggono progetti all'infinito non formando le popolazioni locali alla propria autovalorizzazione e autodeterminazione.
Le decine di delegazioni che in questi giorni hanno assediato l'assedio, che hanno fatto pressione al confine di Rafah, che hanno ridato fiducia all'opposizione al regime in Egitto, che hanno denunciato i crimini di Israele, che hanno riportato il sorriso ai giovani palestinesi, sono tutti frutti spontanei della base sociale e civile, sono espressioni di indipendenza e autonomia che crede in percorsi orizzontali di democrazia partecipativa.
Il centinaio di statunitensi, che in questi giorni hanno reso un po' più sicure le strade di Gaza, comunicano una volontà di giustizia del loro paese ben più ampia, rappresentano una base popolare non più ingenua e che, malgrado abbia dato un voto per un cambiamento epocale, vigila su un establishment ancora lontano dalle proprie
aspettative.
Aver lavorato quest'oggi con un Direttore Sanitario in Sala Operatoria che, malgrado il ruolo dirigente, aiuta lo staff a mobilizzare il paziente dal tavolo operatorio alla barella e mantiene un rapporto empatico e di cura con i pazienti è un grande insegnamento di vita e un ritorno a una umanità che rischia di andare persa, umanità che non deve essere più confusa con ipocriti umanitarismi, che denotano una vocazione razzista e di superiorità. Torniamo a essere umani, parafrasando Vittorio Arrigoni, e smettiamola con indecenti atti umanitari.
Nel settembre 2006, nella piazza del Parlamento di Beirut, tra la mostra agghiacciante di foto di bambini, donne, persone comuni, mutilate e carbonizzate, svettava un grande nero striscione: “Don't Help Us. Don't Kill Us”.
Mi pare che l'appello libanese sia esaustivo alla nostra tracotanza.
Anche allora, volere della sorte o della solerzia sionista nel fare i conti, ci furono 1300 morti in tre settimane di indiscriminati bombardamenti, macabra costanza.
Come associazione “Urgenza Sanitaria Gaza” ci impegnamo a mantenere la nostra originaria natura popolare e di base, legata ai movimenti che si ispirano a principi di democrazia partecipativa, di solidarietà e al rispetto alle diversità del Genere Umano.
Non escludiamo la collaborazione con enti e uffici istituzionali, regionali, nazionali e internazionali, ma con la determinazione a vigilare affinché si mantengano dei profili etici alti e con il proposito di denunciare politiche ambigue, inique o populiste, volte a confondere o manipolare l'opinione pubblica.
Nella nostra prima missione abbiamo identificato l'Ospedale Al Awda, inserito nella più vasta ONG “Union of Health Work Committee” (UHWC), come partner ideale per la sua storia all'interno della società civile palestinese, per la sua equidistanza nei conflitti tra fazioni intercorse, per la sua determinazione a resistere.
Dalle prime riunioni e dagli incontri informali avuti con lo staff medico e infermieristico è stata identificata l' esigenza di elaborare progetti formativi, impediti dagli anni di occupazione prima e dai venti mesi di assedio poi.
L'ospedale contiene un Pronto Soccorso, due Sale Operatorie, Dipartimento di Chirurgia, Ginecologia, Maternità, Poliambulatorio, un reparto di eccellenza di Endoscopia e ERCP (Endoscopy Retrograde Cholangiopancreato-scopy), unici nella Striscia. Il reparto di Terapia Intensiva, con sei letti con attrezzature nuovissime, è inutilizzabile in un'ala nuova della struttura ancora vuota, perché le Autorità Israeliane bloccano l'ascensore, sbarcato nel porto di Ashdod per donazione della Banca Mondiale, da oltre sei mesi.
Le priorità formative richieste riguardano, nel campo medico, endoscopia diagnostica e chirurgica, anestesiologia e medicina intensiva. Nel campo infermieristico: terapia Intensiva, Ferrista, Chirurgia ed Emergenza.
I progetti potranno svolgersi su un doppio binario: Specialisti che dall'Italia si recheranno ad Al Awda o personale medico e infermieristico che verrà ospitato in Italia da Istituti, Ospedali e Università su programmi formativi specifici.
C'è molto da lavorare, sperando nella collaborazione di qualche Autorità Italiana che si prenderà carico di un progetto che è ben più che umanitario.
Assediamo l'Assedio.
I tempi sono maturi. La neonata associazione Urgenza Sanitaria Gaza è già in procinto di diventare adulta e di elaborare un valido progetto di formazione medico-sanitaria, per togliere dall'isolamento umano e di conoscenza un popolo ricco di vitalità e di voglia di crescita.
Siamo nati in gennaio, durante la furiosa aggressione sulla popolazione civile del più armato e tecnologico esercito, dopo gli Stati Uniti, che è costata la vita di oltre 1300 abitanti, dei quali oltre 400 bambini, e circa 6000 feriti, in larga misura gravi, mossi da una volontà civile e di base esausta di sentirsi complice di un susseguirsi di guerre che dal 1990 non hanno soluzione di continuità.
Dalla prima Guerra del Golfo, e successivo embargo che sono costati la vita di mezzo milione di bambini, nella terra che era la più progredita e laica di tutto il mondo arabo, lo smembramento sciagurato dell'unità nazionale jugoslava, che ha inventato un inutile quanto tragico conflitto etnico, fino alla costante espansione dell'Occidente in Medio Oriente che, dal 1948, non ha fatto che foraggiare regimi totalitari e smembrare un percorso civile laico e socialista panarabo, umiliandone l'identità e fomentando l'espansione di un utile fondamentalismo islamico, pari al crescente fondamentalismo nostrano, dai battisti americani all'ultimo dei papi, che mina la nostra tradizione laica e democratica, siamo afflitti dalla continua retorica di guerre umanitarie, peace-keeping portatrici di democrazia, lotta al terrorismo verso governi legittimamente eletti.
Secondo un ideale di Democrazia Partecipativa non possiamo più demandare ai nostri Governi un Universale bisogno di Pace. Non possiamo più far finta di credere che ci siano volontà istituzionali volte alla fine dei conflitti. Non possiamo più pensare che chi arma futuristi aeroplani per annientare popoli inerti o che solo conservano un orgoglio di resistenza, possano promuovere una cooperazione internazionale. Dobbiamo vigilare affinché i fondi e le risorse raccolte per sostenere le popolazioni vittime delle aggressioni non vengano deviate, attraverso ambigue fondazioni, verso gli aggressori.
Ci scusiamo per il corpo apparentemente politico del presente appello.
Reputiamo necessario condividere un sentimento umano che non strida con le intelligenze di tutti coloro che assistono ammutoliti a decenni di deriva democratica, degrado civile, violenza su ogni fronte divenuta ormai oscena e inaccettabile.
Confidiamo in una umanità che ormai ha acquisito i Diritti Fondamentali di pace, uguaglianza e felicità e che non è più disposta a vedere svuotate le proprie aspirazioni di democrazia.
Le centinaia di persone che si stanno presentando a Gaza da tutto il mondo, in solidarietà con il popolo palestinese, sono la dimostrazione che qualcosa di nuovo si sta muovendo e che alla globalizzazione pauperistica dei mercati si sta contrapponendo una nuova coscienza internazionalista della base, dalle genti del nostro pianeta.
E' già in atto una alternativa ai vari enti, fondazioni o istituzioni umanitarie, governative o non governative che siano, che ricostruiscono ciò che i loro partner distruggono, che spesso si confondono con le truppe occupanti, che disperdono risorse in strutture verticali e vertiginose, che prestano il fianco a giochi di intelligence , che protraggono progetti all'infinito non formando le popolazioni locali alla propria autovalorizzazione e autodeterminazione.
Le decine di delegazioni che in questi giorni hanno assediato l'assedio, che hanno fatto pressione al confine di Rafah, che hanno ridato fiducia all'opposizione al regime in Egitto, che hanno denunciato i crimini di Israele, che hanno riportato il sorriso ai giovani palestinesi, sono tutti frutti spontanei della base sociale e civile, sono espressioni di indipendenza e autonomia che crede in percorsi orizzontali di democrazia partecipativa.
Il centinaio di statunitensi, che in questi giorni hanno reso un po' più sicure le strade di Gaza, comunicano una volontà di giustizia del loro paese ben più ampia, rappresentano una base popolare non più ingenua e che, malgrado abbia dato un voto per un cambiamento epocale, vigila su un establishment ancora lontano dalle proprie
aspettative.
Aver lavorato quest'oggi con un Direttore Sanitario in Sala Operatoria che, malgrado il ruolo dirigente, aiuta lo staff a mobilizzare il paziente dal tavolo operatorio alla barella e mantiene un rapporto empatico e di cura con i pazienti è un grande insegnamento di vita e un ritorno a una umanità che rischia di andare persa, umanità che non deve essere più confusa con ipocriti umanitarismi, che denotano una vocazione razzista e di superiorità. Torniamo a essere umani, parafrasando Vittorio Arrigoni, e smettiamola con indecenti atti umanitari.
Nel settembre 2006, nella piazza del Parlamento di Beirut, tra la mostra agghiacciante di foto di bambini, donne, persone comuni, mutilate e carbonizzate, svettava un grande nero striscione: “Don't Help Us. Don't Kill Us”.
Mi pare che l'appello libanese sia esaustivo alla nostra tracotanza.
Anche allora, volere della sorte o della solerzia sionista nel fare i conti, ci furono 1300 morti in tre settimane di indiscriminati bombardamenti, macabra costanza.
Come associazione “Urgenza Sanitaria Gaza” ci impegnamo a mantenere la nostra originaria natura popolare e di base, legata ai movimenti che si ispirano a principi di democrazia partecipativa, di solidarietà e al rispetto alle diversità del Genere Umano.
Non escludiamo la collaborazione con enti e uffici istituzionali, regionali, nazionali e internazionali, ma con la determinazione a vigilare affinché si mantengano dei profili etici alti e con il proposito di denunciare politiche ambigue, inique o populiste, volte a confondere o manipolare l'opinione pubblica.
Nella nostra prima missione abbiamo identificato l'Ospedale Al Awda, inserito nella più vasta ONG “Union of Health Work Committee” (UHWC), come partner ideale per la sua storia all'interno della società civile palestinese, per la sua equidistanza nei conflitti tra fazioni intercorse, per la sua determinazione a resistere.
Dalle prime riunioni e dagli incontri informali avuti con lo staff medico e infermieristico è stata identificata l' esigenza di elaborare progetti formativi, impediti dagli anni di occupazione prima e dai venti mesi di assedio poi.
L'ospedale contiene un Pronto Soccorso, due Sale Operatorie, Dipartimento di Chirurgia, Ginecologia, Maternità, Poliambulatorio, un reparto di eccellenza di Endoscopia e ERCP (Endoscopy Retrograde Cholangiopancreato-scopy), unici nella Striscia. Il reparto di Terapia Intensiva, con sei letti con attrezzature nuovissime, è inutilizzabile in un'ala nuova della struttura ancora vuota, perché le Autorità Israeliane bloccano l'ascensore, sbarcato nel porto di Ashdod per donazione della Banca Mondiale, da oltre sei mesi.
Le priorità formative richieste riguardano, nel campo medico, endoscopia diagnostica e chirurgica, anestesiologia e medicina intensiva. Nel campo infermieristico: terapia Intensiva, Ferrista, Chirurgia ed Emergenza.
I progetti potranno svolgersi su un doppio binario: Specialisti che dall'Italia si recheranno ad Al Awda o personale medico e infermieristico che verrà ospitato in Italia da Istituti, Ospedali e Università su programmi formativi specifici.
C'è molto da lavorare, sperando nella collaborazione di qualche Autorità Italiana che si prenderà carico di un progetto che è ben più che umanitario.
Assediamo l'Assedio.
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